"IL TUO UNICO DOVERE E’ SALVARE I TUOI SOGNI"

Amedeo Modigliani
Mai frase fu più azzeccata per vivere una vita felice. Quella vita che Amedeo Modigliani visse al pieno delle sue possibilità ma che non sempre fu serena.
Bello, geniale, povero, passionale. Timido e schivo.
Le sue passioni più forti furono le donne e l’alcool.
La sua personalità e il mistero che avvolgono la sua vita ha influenzato numerosi artisti, registi e cantanti quali Caparezza, Vinicio Capossela e Patty Smith.
Nasce a Livorno, nel 12 luglio 1884 in una famiglia di commercianti di legno e carbone. Muore a 36 anni per meningite. Viene trovato agonizzante nel letto, contornato di scatole di sardine vuote.
Si affaccia alla vita non nel migliore dei modi. Proprio mentre stava per nascere, vengono sequestrati tutti i mobili e i quadri in casa Modigliani in seguito a controversie commerciali legate all’attività dei genitori.  
Vennero ammassati sul letto della partoriente tutti gli oggetti di valore salvabili, perché per legge non poteva essere sequestrato il letto e ciò che vi era sopra.
Cresce contornato dalla sua famiglia, per lo più dalle zie.
L’anima artistica di Modigliani appartiene alla scultura.
Scultura che abbandona per la malattia che lo colpisce a 14 anni. Fu proprio a quell’età che ebbe il suo primo approccio alla pittura.
Visita infatti la cappella Brancacci a Firenze, affrescata da Masaccio (celebre pittore, morto ventenne in circostanze misteriose). Per la prima volta nella storia dell’arte vengono ritratte umanità mai viste prima. Personalità passive, quasi tristi, strane, malate. 
Modigliani ne rimane affascinato.
Masaccio, Cappella Brancacci, affresco. Firenze,
Un’altra forte influenza la ebbe visitando il Museo dell’opera del Duomo a Firenze. Li rimase impressionato dalle opere di uno scultore, Tino di Camaino.
Tino Camaino “Personificazione di virtù”
Cresciuto e ormai ventenne, si trasferisce a Venezia per studiare all’accademia delle belle arti.
Lì scopre le droghe e l’ebrezza. “Devo all’oppio le mie ore più perfette”  
Nello stesso anno inaugura a Venezia la quinta biennale dell’arte, Amedeo non ne rimane particolarmente colpito e decide di esplorare la più fervente e cosmopolita Parigi.
Paul Guillaume, un famoso mercante d’arte parigino, divenne il primo amico di Modigliani.
Celebre è infatti il suo ritratto.
Parigi non somiglia per niente a Venezia: numerosi artisti, stimoli, fervente vita di bistrot alcol droga e belle donne.
Da questo momento in poi, drogarsi e ubriacarsi è pane quasi quotidiano per Modigliani. 
Prendendo spunto dal suo cognome, Modigliani, o dalla sua abbreviazione Modì, venne soprannominato dai francesi Maudit che significa maledetto.
È del 1909 la sua definitiva rottura con la scultura. In quell’anno decide che non scolpirà più alcuna pietra. Si narra che venne colpito da un raptus di rabbia talmente forte che decise di gettare nel fosso reale di Livorno (dove intanto si era ritrasferito per motivi di salute) tutte le teste di pietra che aveva scolpito fino a quel momento.
La forte passione per la scultura si riflette comunque nell’operato di Modigliani.
I suoi ritratti sono quasi una trasposizione scultorea di forme pittoriche. I colli si allungano come colonne, i volti diventano capitelli. Le forme rigide e geometriche ricordano le basi dell’architettura.
Attraverso questa commistione artistica si sarebbe arrivati ad una serie di opere “modulari” che accostate o unite tra loro avrebbero dato vita ad un tempio meraviglioso dell’arte.
I ritratti di Modì non sono canonici, non sono classici o fotografici. Sono intrisi di verosimiglianza e, nonostante l’apparente semplicità degli stessi, sono carichi di significato e potenza espressiva (oltre che essere facilmente riconducibili ai modelli). 
Volti aderenti alla fisionomia, ma lavorati per sottrazione. Uomini e donne diventano creature simili, in serie, tutti uguali ma profondamente diversi tra loro.
Ed ecco che gli occhi sono vuoti, proprio come per le statue.
Quando colorati, sono sempre di due colori diversi: è compito dell’uomo guardare con un occhio la realtà e con l’altro la propria anima.
Nel 1917 riesce ad organizzare la sua prima mostra personale.
Lui ebreo, la mostra posizionata di fronte ad una stazione di polizia: viene chiusa immediatamente per
oscenità (o come si diceva all’epoca “Per scandalo al comune pudore”).
Un altro punto di riferimento fondamentale della vita di Modì fu senz’altro la sua amata Jeanne Hebuterne.
La di lei famiglia fu sempre contraria al matrimonio con l’artista maledetto.
A lei sono dedicati moltissimi ritratti, soprattutto dal 1918 in poi. Da quando cioè, morirono molti amici del pittore e lui si rifugiò nell’amore per la propria moglie.
Nello stesso anno nasce sua figlia, Jeanne come la madre.
È del 1919 il suo “Bambina in azzurro”.
È una delle pochissime opere in cui il soggetto viene realizzato nella sua totale interezza.
È una figura strana, quasi spettrale e metafisica.
Anche per la figlia, l’armonica inquietudine delle creature di Modì è molto presente nell’opera.
Quando nel 1920 muore Modì, la moglie Jeanne (incinta di 9 mesi) non resiste al dolore generato dalla perdita e in un raptus di disperazione si getta dal quinto piano del suo palazzo.
Ecco alcuni ritratti:
Come per i più grandi artisti, rimane sempre molto irrisolto sulla sua vita ed il suo pensiero.
Conoscevi il “perché” del suo stile? Ti hanno mai ispirato i suoi ritratti?
Fammelo sapere nei commenti qui sotto!
Un abbraccio, RB,

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