IL CIBO NELL’ARTE

Renato Guttuso, “La vucciria” 1974, olio su tela
300 x 300 cm, Palermo, Palazzo Steri.
Ci è capitato tantissime volte di osservare nelle opere d’arte famose del cibo, sia esso come protagonista unico della composizione (come accade ad esempio nelle nature morte) sia come elemento decorativo o allegorico.

L’importanza del cibo nell’arte è estremamente grande perché ci fornisce molte informazioni sullo scenario storico culturale dei protagonisti e della società nella quale vivevano. Rappresenta una vera e propria istantanea culturale, sociale ed economica.

Si rifletta su questi fattori: differenza tra classi sociali, distinzione tra benessere e povertà, identificazione delle regioni, susseguirsi delle stagioni, come si viveva e cosa si mangiava in quell’epoca ecc…

Fin dalle primissime forme d’arte come i primordiali graffiti delle grotte, si assiste a scene il cui protagonista è il cibo, scene di caccia o di sostentamento.
Ancora, dalla tomba di Tebe vediamo ad esempio scene di vendemmia e di raccolto.
Per gli antichi Romani il cibo aveva un vero e proprio significato sacro, un anello di congiunzione tra la vita terrena e il mondo ultraterreno.

Erano soliti banchettare in una stanza sovrastante le tombe degli antenati. Tutti gli scarti del loro cibo infatti venivano lanciati sul pavimento come segno di ricongiungimento e ringraziamento verso gli avi.
Vediamo insieme i più comuni cibi usati in pittura e i loro significati.

Uovo.
Rappresenta la vita e il suo ciclo. È l’emblema universale della natura; la visione religiosa cattolica lo lega alla resurrezione di cristo.
Ne vediamo due diverse interpretazioni.
Nella Pala di Brera (1472, tempera e olio su tela. 248 x 170 cm, Milano Pinacoteca di Brera) di Piero della Francesca vediamo sulla testa della Madonna un uovo di struzzo appeso. Se da un lato rappresenta un’allegoria della Creazione, della nascita e rinascita, dall’altro è un omaggio alla casata committente (della quale lo struzzo ne era uno dei simboli riconoscitivi).

Tutt’altra interpretazione ne dà Salvator Dalì ne “L’Aurora”.


Il sole non è più una palla incandescente fonte di luce calore e vita, ma diviene un tuorlo gigante altrettanto potente.

Pane.
Rappresenta secondo una visione laica il lavoro, l’onestà e la perseveranza. Insieme ai legumi è il cibo tipico per le classi poco abbienti e acculturate. Rappresenta il corpo di cristo secondo una visione cattolica.

Uva.
Aspettative per il futuro, ricchezza e abbondanza da un lato; dall’altro il sangue di Cristo e la redenzione.

Pesce.
La resurrezione di Gesù da un lato, dall’altro la vita, l’acqua e la nostra memoria ancestrale.
Pesci “poveri” come ad esempio le aringhe vengono spesso scelte dagli artisti per indicare famiglie povere e semplici.

Melagrana.
Allegoria della Giustizia, la troviamo perciò spesso nelle mani di Gesù. Inoltre i suoi numerosi chicchi rappresentano l’abbondanza e la fecondità.

Mela.
Nelle opere di ispirazione cristiana è simbolo di peccato e di perdita del paradiso terrestre; in quelle di ispirazione classica è un richiamo alla dea dell’amore Afrodite: è la bellezza, la fecondità e l’abbondanza.
Come detto, il cibo è lo specchio della condizione socio culturale dei protagonisti dell’opera d’arte.

A titolo esemplificativo ne guardiamo due a confronto:
Il pranzo del vescovo” di Giuseppe de Nittis del 1863 e “Il banchetto nuziale” di Bruegel il vecchio.
“Il pranzo del vescovo”
Bruegel il vecchio, “Banchetto nuziale” 1568,
olio su tavola, 114 x 164 cm. 

Nonostante sia un banchetto nuziale, viene servita polenta come cibo opulento.
Chi ha fatto del cibo la sua firma nella storia dell’arte è senz’altro Giuseppe Arcimboldo. Il cibo diviene un modulo che, sapientemente accostato, riesce a dar vita a forme nuove e divertenti.

È il caso de “L’ortolano” (o Ortaggi in una ciotola, natura morta reversibile):
Una ciotola piena di verdure, capovolta, diviene il ritratto di colui che si sostiene attraverso le verdure stesse, appunto l’ortolano.

Magritte invece quando si rapporta al cibo, porta se stesso in una realtà altra. Un semplice pasto fa divenire il protagonista un essere magico, uno “stregone” :

Nella seconda metà del ventesimo secolo nasce la cosiddetta “Eat art” che rappresenta l’evoluzione moderna della natura morta e parallelamente la “pop art” il cui esponente è Andy Warhol.
Lo scopo di entrambe le correnti è rappresentare l’elogio della banalità e una critica al consumismo moderno.

Lo stesso avviene con la street art i cui esponenti più famosi sono BLU e Bansky (se vuoi approfondire il lavoro di questo artista visionario leggi il post dedicato: http://chroma84.blogspot.it/2016/09/bansky-e-la-street-art.html).
Bansky, “Caveman fast food”, Los Angeles, California.
BLU, “Vegetali nel frullatore”.

Concludo il post con due artisti contemporanei che interpretano il cibo in una maniera nuovissima.

Il primo, Maurizio Savini, usa per le sue opere il chewing gum. È suo il famoso orso rosa:

L’altro si chiama Carl Warner, è il creatore dei “Foodscapes”. La sua opera consiste nel costruire dei veri e propri paesaggi e scenari suggestivi col cibo, per poi fotografarli. Sono mondi fantastici e surreali dove un albero non è più fatto di tronco e foglie ma di prosciutto.


Avevi mai pensato a questi messaggi “nascosti” nel cibo?
Se ti è piaciuto il post fammelo sapere nei commenti qui sotto, e se ti va, condividilo sui tuoi social!

A me è venuta una fame… 😀

Alla prossima! RB. 

Lascia un commento