MATISSE E GLI ALTRI ERANO…BESTIE!

Parigi, 1905.

Quando il critico d’arte Louis Vauxcelles entrò nella sala numero otto del Salon d’Automne la definì ‘la gabbia delle bestie’ quando ne vide le opere esposte.

Erano i lavori di quelli che – da quel momento in poi – vennero definiti “Les Fauves”, dal francese “le bestie”. Vennero così definiti per l’inconsueto uso del colore, puro, non sfumato e violento sulla tela.

Il perno fondamentale sul quale si fonda il fauvismo infatti non era tanto il significato dell’opera, gli studi prospettici o il chiaroscuro ma il messaggio e la comunicazione immediata che il colore riesce a donare al fruitore.

Non fu un vero e proprio movimento artistico, durò solo tre anni: eppure è fondamentale perché segna oltre che un punto di rottura con l’arte impressionista, uno di congiunzione con l’arte moderna.

Gli artisti più famosi che esposero al Gran Palais furono: Herny Matisse, Andrè Derain, Maurice de Vlaminck, Henry Manguin.

Il merito enorme di questi artisti fu quello quindi di aver troncato per sempre il legame tra arte e imitazione naturalistica della realtà. La nuova visione e concezione dell’arte, rivoluzionaria rispetto ai grandi maestri del passato, li spinge alla creazione di mezzi espressivi nuovi.

Il colore è immediato, spesso spremuto direttamente sulla tela, vivace e sovente innaturale. Viene utilizzato quindi in maniera libera ed emotiva.

Guardiamo subito una carrellata di opere fauves prestando particolare attenzione alle dimensioni delle stesse: immaginiamole appese ad una parete e pensiamo a quanto potenti possano essere.
Henry Matisse.
“Femme au chapeau” (1905).


Olio su tela, 80.65 x 59.69 cm, San Francisco, Museum of Modern Art.

La donna con cappello è la moglie del pittore Amelie ritratta con forme innaturali e smaterializzate, il colore è steso a macchie.

Venne definito come una ‘pentola di colori rovesciata in faccia al pubblico’.

Matisse osserva la realtà che lo circonda, la filtra attraverso la sua sensibilità, e la traduce in forme piatte e semplificate che riempie e potenzia attraverso l’uso di colori primari e secondari puri, accesi, luminosi, vividi.

Osserviamo ora “La conversazione”, opera del 1909 / 1912:


Nell’opera Matisse ritrae una scena di vita quotidiana. Lui, sulla sinistra col pigiama a righe, dà il buongiorno alla moglie seduta in poltrona.
L’opera misura 177 x 217 cm, si trova a San Pietroburgo, The State Hermitage Museum.

“I colori hanno una loro bellezza che bisogna preservare, come una musica con la quale si cerchi di conservare i timbri. I problemi di organizzazione e di costruzione non devono alterare quella bella freschezza del colore.”

È del 1952 invece la sua opera manifesto intitolata “Tristesse du roi”:


Olio su tela, misura due metri e novantadue per tre metri e ottantasei!!! Si trova a Parigi al Centre Pompidou.

Il re che suona la chitarra è un autoritratto. La figura femminile sulla destra è Amelie.
Un altro esponente di spicco fu Andrè Derain che considerava il colore come “cartucce di dinamite che devono esplodere di luce”.

Osserviamo la sua “Donna in camicia”:

Olio su tela del 1906, misura 100 x 81, si trova a Copenaghen, Statens Museum for kunst.

Vengono utilizzati pochi colori, puri: il verde, il blu, il rosso vengono leggermente graduati verso la luce per culminare sul viso della modella.

La violenza espressiva del colore però, trova la sua massima espressione nel “Ponte di Waterloo”:


Olio del 1906 misura 80,5 x 101 cm, si trova a Madrid al Thyssen – Bornemisza.
L’effetto che sembra quasi di un mosaico viene reso da pennellate di colore puro stese su una base bianca uniforme.

Con l’opera “La danza” invece ci si immerge in atmosfere africane:


Le donne esotiche vengono collegate idealmente dal movimento danzereccio. Il serpente, il pappagallo ed il rospo vengono inseriti in un ambiente di natura rigogliosa e selvaggia, esattamente come il colore che viene utilizzato per dipingere la tela.
“Il fauvismo sono io!” fu la frase detta da Maurice de Vlaminck, altro esponente importante. Osserviamo “Il frutteto” del 1905:

Concludiamo il nostro viaggio con Henry Manguin.
“Le stampe” del 1905 si trova a Madrid, Thyssen – Bornemisza. Olio su tela, misura 81 x 100 cm.


Interno riccamente decorato di tendaggi, due donne sedute su un divano. Entrambe le donne rappresentano la stessa, Giovanna, moglie dell’artista.

Spero che questo viaggio tra le bestie ti sia piaciuto e / o che ti abbia dato nuovi spunti creativi!

Se ti fa piacere lasciami un’impressione cliccando i pulsanti qui sotto!
Alla prossima, RB.

Un pensiero riguardo “MATISSE E GLI ALTRI ERANO…BESTIE!”

Lascia un commento